Il patrimonio culturale di Caprino Bergamasco

Il patrimonio culturale di Caprino Bergamasco è stato oggetto di attenzione del Gruppo Torre Civica. Il consigliere Sonia Longhi ha infatti sottoposto all’attenzione del Consiglio Comunale un documento. Una “relazione socio economica sullo stato dello sviluppo turistico e culturale di Caprino Bergamasco ed eventuali prospettive” quindi. A darne dunque comunicazione il sindaco Davide Poletti all’apertura del Consiglio Comunale di giovedì 25 luglio proponendo una delega consiliare.

Il patrimonio culturale di Caprino Bergamasco, l’invito

Il Gruppo Torre Civica ha sottoposto all’attenzione dei consiglieri comunali tutti una relazione in merito al patrimonio culturale di Caprino Bergamasco. Un invito a riflettere sulla situazione attuale e sui possibili sviluppi in chiave turistico culturale del borgo orobico. Fin dai tempi dei Romani infatti Caprino fu punto di passaggio e commercio. Fu tuttavia terra di confine tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia. La mia relazione è una traccia per una rielaborazione sulle potenzialità di Caprino Bergamasco. Prenderne coscienza dunque per aprire una conferenza dei servizi con invito di professionisti per valorizzare il nostro territorio. Ragionando tutti insieme” ha dichiarato Longhi. Vi proponiamo il documento integrale.

Premessa

Secondo le domande di candidature italiane a “sito patrimonio dell’umanità” dell’Unesco, il 78% proviene costantemente dalla provincia, altre dalle grandi città e di queste la maggioranza hanno rilevanza storico artistica monumentale. Se si osservano i dati europei, la percentuale sale ancora e si attesta a poco più dell’80%, cosicché non si descrive erroneamente un particolare panorama culturale vivo sottolineandone l’origine provinciale, decentrata, marginale e inaspettata perché evidentemente tutto quest’insieme è poco noto, fuori centro appunto seppur da valorizzare.

Le candidature Unesco di Bergamo, Biella, Como e Trieste

Il 17 giugno scorso, il sito ufficiale di Unesco Italia pubblicava la notizia che Bergamo, Biella, Como e Trieste si sono candidate a divenire parte della rete della città creative, di cui fanno parte da tempo altre città italiane di medie dimensioni come Parma, Pesaro e Alba; Bergamo, per il patrimonio caseario, Biella e Como per la storia del tessile e Trieste per la grande molteplicità del patrimonio letterario. Altresì, secondo le fonti del Touring Club d’Italia, il turismo straniero nel 2018 ha visitato i grandi centri storici di Roma, Venezia, Firenze come da decenni, al contempo ha visitato, in milioni di viaggiatori “wellness” la provincia, i diversi distretti strategici della gastronomia italiana e i borghi storici.

Il turista slow in cerca di experience

Questa particolare tipologia di turista moderato, lento, spesso benestante, da tanto tempo frequenta quella speciale “Italia piccola” del benessere, del cibo, del vino, delle storie meno note: San Gimignano, Barolo, le terre del Prosecco e della Franciacorta, Ortigia, Procida, Santa Maria di Leuca e il Salento interno, sono mete “di massa” del turismo del benessere, mentre altre si stanno imponendo all’attenzione internazionale come talune del Lago di Iseo, l’alto Garda, mentre, infine, altre schizzano fuori classifica come Varenna, Bienno, Panarea, Palermo per il particolare turismo “Rainbow”. Se lette in controluce, le solite classifiche storiche per qualità dell’offerta turistica (si guardino le bandiere blu, arancioni, etc.) nascondono alcune aree inesplorate, che sì impongono l’alta attenzione alle strutture, alle materia prime agroalimentari usate in cucina, all’accoglienza, ai servizi per famiglie e anziani o per la percentuale di accessibilità per disabili per quanto riguarda l’offerta, ma è nella domanda che si scoprono attese interessanti.

In questo ambito, oggi con una sempre maggiore richiesta di “no web area”, di ritorno all’analogico, di cura per il silenzio mediatico e di riscoperta dell’armonia con il paesaggio e le persone, che moltissimi turisti viaggiatori cercano soddisfazione nei “tour esperienziali”, nella riscoperta delle storie minori, delle comunità particolari per origini e patrimoni, per un ritorno al modello sociale microcosmico, seppur rinnovato nella capacità di narrazione, di raccontarsi.

Dopo un periodo ideologico per l’etnologia spirituale e politica estrema degli anni Settanta e Ottanta – l’India, l’Africa, il Meridione selvaggio da redimere, in taluni casi, ad esempio – oggi si cerca una nuova antropologia dell’intrattenimento educativo, così è spiegabile la gran massa di persone che ogni anno cercano storie dimenticate e vivendole, in vacanza, stanno meglio: dal buon vino alle emozioni, dalle storie contadine al design sociale, in un nuovo modello di turismo partecipativo.

Infrastruttura della comunità

Per lungo tempo, dal Dopoguerra agli ultimi anni, nella gestione amministrativa e politica degli enti locali o regionali, il decentramento di governo in senso ampio, ha identificato come infrastrutture le reti interconnesse per la mobilità pubblica, le istituzioni sanitarie, le scuole, le reti di distribuzione delle risorse e dell’energia, il sistema delle strade, nella loro diversa classificazione per importanza e per volume di traffico. In modo diverso, secondo una prospettiva socioeconomica di tipo nordeuropeo, britannico e germanico, delle infrastrutture fanno parte anche le agenzie educative sociali di livello superiore e le istituzioni culturali e ambientali, insomma le università coi campus, le biblioteche, i musei, i teatri e ogni ben di Dio pubblico finalizzato all’accrescimento del grado di autonomia culturale della cittadinanza; I casi della Silicon Valley, del Northumberland, del Quebec, di Tel Aviv sono solo alcuni esempi di infrastruttura civile potenziata, interconnessa costantemente tra servizi e benessere sociale.

Possibile definire il patrimonio storico, monumentale e immateriale come una delle infrastrutture del territorio? come funziona un’infrastruttura come questa? su cosa si basa l’efficacia e il servizio reso alla comunità da un esempio come questo?

Il federalismo della felicità

Secondo alcuni recenti studi, il livello di felicità è un parametro per l’amministrazione della “cosa pubblica”, tanto che in molti Paesi, in certi enti locali, il bilancio finanziario di gestione economica dei servizi per il cittadino, viene presentato affiancato dalla pubblicazione del bilancio sociale e dall’impronta sociale che le scelte della politica rilasciano sulla vita dei singoli e imprese, tra cui anche la felicità di vivere e lavorare in “un bel posto”.

Sicurezza, lavoro, occupazione, consumi, mobilità ma anche felicità, le cui radici possono rintracciarsi in tre elementi chiave della gestione migliore delle aree periferiche, provinciali: Fiducia, orgoglio di comunità, capacità di connessioni con altri posti ben governati.

Il federalismo della felicità è tanto più utile quanto sono meglio sfruttate e spiegate le risorse culturali, ambientali, paesaggistiche e agroalimentari presenti storicamente nella comunità di appartenenza.

Grantour di Caprino tra storia e natura

Nella guida turistica Lonely Planet della Lombardia, Caprino Bergamasco non esiste: tra Bergamo e Lecco, Romanico a parte, un grande buco in mezzo. Del resto, non si hanno notizie del flusso di presenze turistiche annuali sul territorio comunale, se non un resoconto brevi vie, tra un bar e l’altro, per capire come mai ogni tanto si incontrano stranieri a passeggio nel borgo. Questo documento non è una guida turistica quindi, ma la traccia per l’elaborazione di una coscienza maggiore, l’indirizzo per un processo di comprensione del valore della vera infrastruttura di Caprino Bergamasco: L’intreccio tra la storia piccola delle frazioni e delle persone con la Storia grande degli eventi politici, letterari e artistici che nei secoli l’hanno vivificata, dei suoi monumenti, delle tipicità di questo borgo verde di cortili e frazioni.

Adolfo Biffi, camicia rossa più giovane

La piazza, col suo monumento celebrativo e retorico e soldatesco, racconta un incipit del tutto particolare, quel genius loci umanissimo da cui partire. Adolfo Biffi è stato ucciso in battaglia a Calatafimi, nel trapanese, nel 1860 ed era uno “dei Mille” del Generale Garibaldi.

Ora, escludendo in parte e momentaneamente le naturali posizioni storiche e ideologiche riguardo il Risorgimento, il processo di unificazione nazionale è uno degli elementi culturali tipici del panorama italiano, spesso dimenticato, accantonato, marginalizzato, che per primo riesce a raccontare una storia piccola, fatta di persone di provincia, di aneddoti che gli inglesi amano definire “storytelling”.

Partire raccontando piccoli fatti e persone sconosciute per arrivare alla storia più ampia, ai monumenti, alla città e alla nazione. Il vero “romanzo della Nazione”, quindi può cominciare dalla piazza, dai fatterelli, da un morto di quattordici anni che si aggregò a Garibaldi assetato di storia, bugiardo sull’età e sfortunato per il primato: la camicia rossa più giovane morta in battaglia, per l’Italia.

Togliendo tutto il bruno della retorica, concentrandosi sulla vicenda ecco agguantare il bandolo della matassa delle storie di Caprino, partendo da Adolfo per prendere la via dell’aristocrazia che guardava alla cultura, alla generosità nei confronti di musicisti e poeti – da soli basterebbero per un parco letterario – passando alla vita agra dei contadini nelle frazioni agricole, incontrando lo splendore dei palazzi del borgo, dei cortili ombreggiati e silenziosi, verdeggianti, fino alla vita di un giovanissimo Santo Giovanni XXIII, che qui ha studiato, nel collegio borromeo di Celana.

Antonio Ghislanzoni ed i milanesi in villeggiatura

Le estati felici di Neera, degli Scapigliati milanesi che venivano a villeggiare a Caprino (tutti poeti e scrittori da editoria alternativa, irriverente, libertaria, tutti famosi come i rapper di oggi), di quel bell’Antonio Ghislanzoni che ha scritto la Aida con Giuseppe Verdi – oggi tutto solo a mezzobusto, in marmo, senza una minima memoria, nella rampa di accesso all’ingresso del paese – ma anche le penombre dei nobili nei saloni dei palazzi monumentali, delle balere, in tempi più recenti, al Belvedere, all’Olivo, dove si ballava tra vapori di acqua di colonia a buon prezzo, speranze e semplicità.

Gli inverni penitenti, in collegio a studiare e in filanda a lavorare, o nei campi, una grande memoria che deve passare dall’orgoglio di avere come patrimonio opere d’arte uniche nella storia della pittura italiana e storie di sacrifico e di ricerca. Arte da campioni, come la “pala del Lotto”, quell’enorme olio su tela dell’altare maggiore della piccola Santa Maria Assunta di Celana, che raffigura tutti noi: il grande ritratto della verità, il Rinascimento settentrionale che recuperava in una botta sola la monumentalità romana di Michelangelo, il crepuscolo umido di Leonardo, le pieghe del Brunelleschi e tutta la luce d’Oriente della grande pittura veneziana.

La Pala di Lorenzo Lotto

E lo stigma, quel San Tommaso ritratto, da Lotto nel grande quadro, con gli occhiali che non crede nemmeno toccando: Per la prima volta un Santo, un Apostolo, raffigurato con le spesse lenti del miope, come tanti di noi, come nessuno nella grande pittura fino ad allora.

Chissà quante volte Angelino Roncalli avrà pregato dinanzi al Lotto, a quella Vergine che ispira coraggio, che trascina tutti noi nel miracolo della fede – miracolo che comincia sempre dal basso – che esausto della camminata da Sotto il Monte fino al collegio dove era studente faceva sicuramente una sosta. E chissà quante volte a Roma, Giovanni XXIII successore di Pietro, ha avuto il pensiero a quell’opera maestosa e domestica, con quegli accenti veneti e bergamaschi che nell’assoluta luce del Vaticano, della Sistina, delle Gallerie, non poteva trovare con la stessa intima gioia della memoria dei giovani e dei semplici. Chissà quante volte il Santo Giovanni XXIII continua a guardare e a perdonare la sua gente da lassù, qui tutta intenta a tribolare ma anche colpevolmente inerte e dimentica nei confronti di un capolavoro che, altrove, meriterebbe un museo intero.

Il Collegio di Celana

A proposito, il collegio di Celana citato, non menzionando la serie televisiva di reality, Il collegio appunto, in cui non si fa nemmeno un accenno alla sua storia e al paese di Caprino, è un capolavoro straordinario per architettura neoclassica e rinascimentale, esempio plastico dell’autonomia e della forza economica che Caprino rivestiva allora: Carlo Borromeo volle che nascesse a Celana, per diretta intercessione, appena fuori il confine ambrosiano ideale dell’Adda, già terra bergamasca e quindi veneziana e sottolineando così il valore di una comunità ricca e operosa. Il collegio come il mercato del giovedì, attivo dal Medioevo e uno dei più antichi della Lombardia, descrivono nelle pagine di storia una comunità che si fatica oggi a riconoscere.

Il Scuderia Ferrari Club

Un ruolo a parte, anzi un merito a parte, merita il Club Ferrari di Caprino Bergamasco, che per numero di iscritti è tra i primi in Europa e nel mondo, tra i più attivi e fertili di manifestazioni d’Italia. Il Club della Rossa non è solo un importante centro di aggregazione sociale, che spicca di innata sensibilità civica, basta guardare la bella piazza dedicata al fondatore della fabbrica di Maranello Enzo Ferrari, realizzata dove sorgeva una semplice rotatoria, ma è anche una delle agenzie di promozione della cultura industriale e del design italiano nel mondo. Un’ambasciata Ferrari a Caprino Bergamasco – che non è sede di prove o di gare automobilistiche di alcun tipo – è una stranezza che rinnova e sottolinea il valore dell’iniziativa sociale non lucrativa privata che può essere d’esempio per altre associazioni più giovani o che nasceranno a breve.

Esempi, vertenze e congratulazioni guardando altri borghi

Borgo Valsugana

Partendo da un esempio concreto di riprogrammazione territoriale, economica e sociale, occorre segnalare gli ultimi trenta anni di attività dell’amministrazione comunale del piccolo centro di Borgo Valsugana. La Valsugana è una delle vallate meno accessibili del Trentino, poco o mediamente sfruttata dal turismo invernale, forse un po’ di più d’estate da famiglie e anziani. Mentre il turismo di massa sviluppava il modello industriale del Trentino Alto Adige, o meglio il turismo diveniva il prodotto di quest’industira immateriale, la Valsugana apparentemente segnava il passo e ancor di più Valle Sella, una sua secondaria diramazione. Qui, un accordo di patrocinio non oneroso tra comune e un’associazione culturale, più di trent’anni fa, dava vita alla prima parte del Parco di Arte Sella, oggi la più grande rassegna d’arte contemporanea nella natura del mondo.

Una porzione di prati e boschi comunali fu assegnata all’Associazione, che da subito punta tutto sull’altissima qualità espressiva e poetica degli artisti di diverse nazionalità, disposti a raggiungere Borgo Valsugana, vivere in semplicità e creare le proprie opere – spesso gigantesche e monumentali installazioni – quasi esclusivamente con il legno che il bosco d’intorno poteva offrire, senza tagliare un solo albero. Oggi, anche dopo i tragici fatti delle tempeste del 2018 con milioni di alberi abbattuti, Arte Sella è un punto di riferimento mondiale per l’arte e la cultura contemporanea, traendo a se oltre nove milioni di visitatori ogni cinque anni, con un picco storico dello scorso anno di un milione e mezzo di persone in giro per il parco della contemporaneità. Professionalità, competenza, visione e management in armonia tra amministrazione pubblica, sponsor privati, imprese internazionali e istituzioni europee fanno di Arte Sella il modello occidentale più importante in questo campo.

Gli Almenno

Gli Almenno della provincia di Bergamo, San Salvatore e San Bartolomeo, sono esempi unici nel panorama europeo del Romanico, tanto da divenire Antenna Europea di questo periodo storico, artistico e architettonico. La notevole capacità organizzativa delle amministrazioni pubbliche comunali, con il generoso sostegno delle altre realtà regionali e provinciali, nonché bancarie, ha dato vita negli ultimi anni alla Fondazione Lemene, che gestisce il patrimonio storico e monumentale di questo eccezionale ambito lombardo. San Tomè, la chiesa rotonda e i suoi misteri e le altre monumentali chiese del territorio sono state con cura conservate negli anni, oggi Bandiera Arancione del Touring Club d’Italia e Luogo del cuore del FAI.

L’impronta sociale e la conseguente riflessione economica sulle comunità unificate dalla cultura, danno un particolare impulso alla frequenza turistica del territorio, stranieri – negli ultimi anni sopratutto olandesi e finlandesi non mancano mai – e italiani appassionati, vivono e riconoscono gli sforzi compiuti. Oggi, San Tomè è stato uno degli spazi speciali del festival delle ACLI e della Cattedra Unesco dell’Università degli Studi di Bergamo, Molte fedi sotto lo stesso cielo, che contribuisce ad aumentare considerevolmente il numero dei turisti nella zona.

Lovere

Lovere è annoverata tra i borghi più belli d’Italia, dopo un lungo periodo di vertenza civile sulla propria identità e su quale strategia intraprende per il proprio futuro di paese camuno, bergamasco e lacustre. L’impatto dell’industria siderurgica qui non ha avuto gli effetti che altrove hanno determinato il più ampio scollamento tra salute e lavoro; Lovere è una cittadina industriale, manifatturiera, siderurgica e nautica da diporto ma è rimasta ancorata alla radice umanistica dell’800, dove la sua Accademia Tadini, metteva insieme il ferro e la bellezza e oggi è uno dei luoghi più visitati di notte di tutta Italia. Le proiezioni notturne, il borgo di luce, proprio sulle pareti monumentali dell’Accademia Tadini, della Piazza, attraggono migliaia di visitatori, aumentando così l’arco temporale e il tenore di visite delle diverse e tante attività commerciali del centro storico.

Aquileia

La città perfetta è Aquileia, rarefatta metropoli romana di porto, a pochi chilometri da Palmanova, la città fortezza. Perfetta non per servizi o ricchezza pro capite, ma per la straordinaria capacità di preservarne lo spirito accogliente, rappresentato nello straordinario mosaico pavimentale romano della cattedrale romanica e medievale che domina il piccolo centro: memoria e turismo non fanno altro che abbracciarsi in un modello di sostenibilità economica, ecologica, civile. La scelta strategica dell’amministrazione comunale, cambiata per senso e orientamento decine di volte negli anni, non ha mai dimenticato che il patrimonio culturale vastissimo di Aquileia non avrebbe avuto vita senza un’adeguata programmazione internazionale di attività di promozione, senza affidare ad una serie stellare di professionisti la regia e la direzione delle attività, non mentendo sulle competenze: la politica sia politica e amministrazione del bene e dei servizi comuni, gli esperti siano coloro che si assumono la responsabilità della regia culturale dello sviluppo del piccolo centro friulano: Competenza e visione strategica fanno di Aquileia un polo mondiale della storia romana, per lo studio della simbologia mediterranea dei mosaici, del welness turistico.

Proiezione civile per un futuro possibile.

Tra gli strumenti giuridici compatibili con la pubblica amministrazione e la necessaria innovazione dei servizi per la cittadinanza, preservando la fondamentale dignità no market dell’ente locale, possiamo individuare il project financing.

Lo strumento normato del PF è stato più e più volte utilizzato in ultime importanti occasioni di innovazioni del tessuto istituzionale e infrastrutturale della Lombardia, come nel caso di Expo15, della TEEM, del polo fieristico di Rho, della candidatura e della realizzazione dell’evento straordinario di Iseo- Montisola dell’opera Floating Piers di Christo, che ha portato oltre 4milioni di visitatori in quella zona del lago di Iseo e nel resto del territorio limitrofo della Franciacorta.

Ruolo e dovere dell’amministrazione comunale dunque è la priorità della qualità, dell’efficenza, della sostenibilità, dell’accessibilità dei servizi per la cittadinanza, come previsto dal regolamento degli Enti Locali e dalla Costituzione Italiana. Ma a questi si possono tuttavia affiancare strategie di crescita sostenibile e non invasiva, se si è ben consapevoli della primaria infrastruttura o vocazione, ambedue casi per Caprino Bergamasco, che potrebbero portare benessere e qualità della vita della comunità negli anni a venire.

La terza via

Pertanto, con una visione e una mozione di cittadinanza partecipativa e federalista, in virtù dell’autonomia regionale indicata dall’espressione elettorale popolare, potrebbe sperimentarsi – dopo tutti gli studi indipendenti possibili, tanto di fattibilità quanto di merito storico – il PF come strumento di attrazione di investimento per il rilancio dei centri storici, del commercio, del patrimonio storico e antropologico di Caprino Bergamasco, come “terza via” tra l’immobilismo conservatore e il dinamismo sprovveduto, entrambi caratteri politici pericolosissimi per la comunità cui si è chiamati ad amministrare.