Non c’è tempo per fotografie – risposta ad ATS

Non c’è tempo per fotografie per documentare quanto sta accadendo. Questo è il senso della lettera aperta di Ordine dei Medici e Ordine delle Professioni Infermieristiche in risposta alla nota di Ats Bergamo di sabato 14 marzo. “Proviamo una grande tristezza e ci permettiamo di sottolineare – scrivono i presidenti Guido Marinoni e Gianluca Solitro – che i professionisti della Sanità in questo momento hanno ben altro impegno che quello di fotografare se stessi e i propri colleghi per sviare sospetti”. Una lettera che – se aggiunta alla comunicazione del 13 marzo inerente alla mancanza di coordinamento territoriale – da l’idea della pressione a cui siano sottoposti i nostri professionisti sanitari.

Non c'è tempo per fotografie - risposta ad ATS Bergamo

Piena emergenza, non c’è tempo per fotografie

In risposta alla nota di ATS Bergamo di ieri sabato 14 marzo arriva la risposta dei presidenti Guido Marinoni e Gianluca Solitro. Medici ed infermieri nella situazione di emergenza in cui ci si trova non hanno tempo per fotografie “per sviare sospetti di chi probabilmente non ha il senso di ciò che sta accadendo nella vita di tutti i giorni ai nostri cittadini”. I presidenti di Ordine dei Medici e Ordine delle Professioni Infermieristiche non ci stanno e dunque difendono chi in prima linea affronta la situazione emergenziale con turni estenuanti e grande professionalità.

La lettera congiunta di medici e infermieri

In riferimento alla nota di Ats Bergamo del 14/03/2020 “Campagna di promozione presenza in servizio operatori sanitari e sociosanitari NOI___CI SIAMO”, leggiamo con estrema tristezza il contenuto, in cui si sostiene che qualche professionista possa non avere senso di appartenenza e di dedizione al proprio lavoro in questo momento.

Numeri sottostimati

Eppure i dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità solo la sera prima dello scritto evidenziano che il numero di operatori sanitari contagiati (non in quarantena, malati) da COVID-19, sono 1.423, cresciuti in un solo giorno di 307 unità. E si sottolinea anche che tra le province colpite proprio quella di Bergamo è tra le prime di questa triste classifica. Va inoltre considerato che, essendo i tamponi riservati sostanzialmente ai pazienti ricoverati ed essendoci numerosi pazienti affetti da polmonite virale da curare a domicilio senza diagnosi di laboratorio, il numero dei malati (e forse dei morti) è verosimilmente sottostimato.

Un sospetto che offende chi è in prima linea

Un sospetto quindi che non solo stupisce chi ormai allo stremo delle forze, da settimane non considera più orari, turni, neppure la propria famiglia per prestare assistenza, ma offende anche professionisti pronti a mettere in gioco la propria integrità fisica ben al di là delle esigenze della struttura per cui operano, ma esclusivamente per la vicinanza ai cittadini e proprio per quel senso di appartenenza che dal punto di vista degli infermieri e dei medici non fa mai – ed è bene sottolineare il mai in quanto anche prescrizione deontologica – lasciare soli i cittadini.

Il senso quindi della richiesta della nota infonde in chi sta dando tutto sé stesso per questa opera di assistenza, una sensazione di tristezza e di stupore perché mentre il resto del Paese riconosce i meriti, proprio chi dovrebbe per primo esserne orgoglioso non solo li ignora e non li considera, ma vede la ragione che spinge i professionisti a tutto questo con sospetto.

Nessuna accusa ma serve autocritica

Ancora più grave il fatto che questo richiamo provenga da una direzione strategica alla quale, in questa fase, non si vogliono attribuire responsabilità personali, ma che si è trovata nelle condizioni di lasciare le strutture territoriali in uno stato di abbandono: RSA, erogatori dell’ADI, medici di famiglia sono praticamente privi di DPI, oltre che di precisi indirizzi operativi, e indicazioni di sicurezza, con il rischio di essere essi stessi soggetti infettanti. Se si abbandona il territorio diventa poi impossibile sostenere le realtà ospedaliere, pur mettendo in conto l’eroismo degli operatori.

La via più semplice per quanto riguarda i medici e gli infermieri è rivolgersi all’Ordine che li rappresenta, tutela la professione, e, nel caso, li richiama al proprio dovere e anche oltre… se il caso. I nostri iscritti ci stanno già mettendo la faccia, il fisico, il cuore e tutta la loro competenza e professionalità.

Ci permettiamo quindi di sottolineare che i professionisti della Sanità in questo momento hanno ben altro impegno che quello di fotografare se stessi e i propri colleghi per sviare sospetti di chi probabilmente – facendo richieste di questo tipo – non ha il senso di ciò che sta accadendo nella vita di tutti i giorni ai nostri cittadini. 

Si ricorda che tra le priorità di questi giorni, il rischio di contagio degli operatori in prima linea per la carenza di  DPI, rappresenta la chiave di volta che potrà fare la differenza tra il potere o meno continuare a combattere questa guerra. 

Confermando la volontà di collaborare fattivamente nel rispondere all’emergenze, si auspica che a partire da subito vengano fornite ai colleghi indicazioni e risposte chiare e di reale supporto e non di richiamo a un’identità e appartenenza professionale già ampiamente dimostrata sul campo.

Non c'è tempo per fotografie - risposta ad ATS Bergamo